Buon pomeriggio cari
lettori,
prima di iniziare la
trattazione della tematica che oggi mi sono prefissato vorrei scusarmi con voi
per la mia assenza in questi giorni. Purtroppo, come penso stia accadendo anche
a voi ultimamente, sono stato investito e soffocato da una profonda sensazione
di monotonia e di oblio tale da non avere la capacità mentale necessaria per
dedicarmi ai miei lavori di scrittura. Tuttavia, grazie anche al sostegno delle
persone che mi stanno accanto e quotidianamente mi dimostrano affetto, la mia
mente ha finalmente abbandonato i toni cupi e grigiastri che la attanagliavano
e si è nuovamente immersa in un oceano di tinte variopinte.
Nei prossimi giorni
riprenderà anche la rubrica “Noi e la storia” con un argomento che spero
possa saziare la fame di curiosità e interesse che aleggia nelle vostre menti. E
ora, senza ulteriori indugi, mi accingo a parlarvi di un argomento che ho
deciso di mutuare dalla citazione presente in un libro che mi ha tenuto assorto
nei giorni precedenti. Il passo, che si inserisce nella visione ideologica di
Gian Giacomo Rousseau, recita così:
“Tutto è perfetto quando
esce dalle mani dell’autore delle cose, tutto degenera fra le mani dell’uomo. Poniamo come massima certa
fondamentale che i primi moti della natura siano sempre retti; non c’è
perversità originaria nel cuore dell’uomo, non vi si trova alcun vizio del
quale non si possa dire come e per qual causa vi sia penetrato. La sola
passione naturale nell'uomo è l’amore di sé..., ed è, in sé stesso o in
rapporto a noi, una cosa buona e utile e, siccome non ha riguardo agli altri
alcun rapporto necessario con essi, è naturalmente indifferente; diventa buono o
cattivo solo nelle applicazioni che se ne fanno e nelle relazioni in cui esso
viene posto.
L’amore di sé, che
riguarda esclusivamente noi, è soddisfatto quando i nostri veri bisogni sono
soddisfatti; ma l’amor proprio, che prende sé a termine di ogni confronto, non
è mai contento, e non potrebbe esserlo, perché questo sentimento, preferendo noi
stessi agli altri esige che anche gli altri ci preferiscano a sé stessi; e ciò
è impossibile. Ecco come le passioni dolci e affettuose nascono dall'amore di sé
e come le passioni odiose e irascibili nascono dall'amor proprio. Così ciò che
rende l’uomo essenzialmente buono è l’avere pochi bisogni e il paragonarsi poco
agli altri; ciò che lo rende essenzialmente cattivo, è l’avere molti bisogni e
il tener molto alla opinione altrui.”
Da questo passo possiamo
trarre non poche deduzioni e riflessioni che cercherò di esporre nel modo più
consono alle esigenze e agli obiettivi di questo articolo. In primo luogo, nella
prima parte del testo, si evince che l’essere umano è una creatura pura senza
alcuna “perversità originaria” (con questa espressione si vuole
fare riferimento al momento iniziale della vita, ossia la nascita) e l’unica sensazione
che domina il nostro animo è l’amore di sé, definito quale “passione
naturale nell’uomo”, avulso da una forte carica di indifferenza e
quindi di neutralità. Ne consegue, alla luce di quanto abbiamo appena detto,
che le eventuali connotazioni positive o negative di siffatta passione naturale
sono consequenziali al nostro agire nei giorni venturi e quindi a come
decidiamo di sperimentare la grande avventura che è la vita.
In secondo luogo, l’amore
di sé è messo in contrapposizione con un altro concetto che è l’amor
proprio. Alcuni potrebbero supporre che tra i due termini vi sia un
rapporto di uguaglianza dal punto di vista contenutistico, ma, come emerge
dalla lettura del passo, i due concetti sono caratterizzati da connotazioni
valoriali di segno opposto: il primo, l’amore di sé, è inteso quale punto di
origine di tutte le “passioni dolce e affettuose” ; il secondo, l’amor
proprio, è l’archè di tutte le “passioni odiose e irascibili” che
albergano nell'animo umano. In poche parole, l’amore di sé è il sentimento
nella sua purezza, rimasto integro dal momento della nascita mentre invece l’amor
proprio è il sentimento corrotto dalla perversità delle nostre scelte. Questa dicotomia
che vi ho prospettato può, a mio avviso essere sintetizzata e generalizzata in
questo modo: nell'animo umano coesistono due realtà che si scontrano e che
necessitano di equilibrio, il bene e il male, l’angelo e il demone. Da ciò si
può facilmente desumere che sempre l’uomo sarà tentato dalla perversità, dal
demone che con parole gentili lusinga e inganna, tuttavia la purezza del suo
animo acquisterà ancora più splendore e grazia se riuscirà a sedare e
controllare il male che sempre è in agguato in lui e ciò gli riuscirà capendo quali
siano le cose della vita suscettibili della definizione di bisogni essenziali.
Con questo si conclude la
mia riflessione, spero che la spiegazione vi piaccia e vi appassioni e mi scuso
per la lunghezza un po' eccessiva dell’articolo.
Vi auguro un buon
prosieguo di giornata, a presto!
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